giovedì 7 agosto 2014

Cinema – Rock the Casbah di L. Marrakchi


In qualche modo riesco sempre a trasferirmi in una città dotata di cineteca. La Cinémathèque de Tanger ha una programmazione molto più modesta (così come modeste sono le tariffe) delle sue sorelle europee, ma fa già piacere che esista. Quanto a bellezza, però, non c'è paragone: ignorando l'odore di pipì di gatto, che sembra essere il trademark di Tanger, l'allure vintage di questo vecchio cinema/teatro ha subito conquistato il mio cuore.

Questo mese in programmazione c'è Rock the Casbah, una produzione franco-marocchina firmata da Laïla Marrakchi. La trama ruota attorno allo scontro generazionale interno a una famiglia estremamente agiata di Tangeri: in occasione della morte del padre, interpretato da Omar Sharif (che è diventato vecchio, molto molto vecchio), tre sorelle si riuniscono dopo anni. Saranno quindi costrette ad affrontare i fantasmi della famiglia, ovvero il suicidio della sorella maggiore, in seguito all'amore impossibile con il figlio della domestica.

La trama è esattamente quello che appare, una banale storia di famiglia, molto prevedibile. Il gioco di contrasti tra i caratteri delle sorelle, una professoressa molto religiosa, un'attrice trasferitasi a New York e una fatalona ribelle, non decolla mai, né decolla il gioco di contrasti tra la generazione della madre e quella delle figlie. Il film dovrebbe essere un inno alla libertà, ma l'unica libertà che viene celebrata è quella di sacrificarsi per la famiglia: il discorso sui diritti delle donne è appena accennato e sicuramente non approfondito. Il tutto risulta ancora più insulso visto che il Marocco rappresentato è quello della minoranza di marocchini benestanti, quella parte di popolazione che non ha dei veri problemi. Questo è un peccato, come è un peccato che non ci sia una vera e propria riflessione sui rapporti tra la minoranza berbera e la maggioranza araba: la storia della cameriera berbera sarebbe stata probabilmente molto più interessante di quella del resto della famiglia. Quel che invece è interessante è la rappresentazione di un'occasione tipicamente inaccessibile agli occidentali, ovvero un funerale musulmano. Questo e la bellissima scenografia, che rappresenta fedelmente il gusto marocchino per il lusso. Pochi elementi positivi, che non bastano a controbilanciare la fastidiosissima tendenza al melodramma e l'incapacità degli attori. Un'occasione mancata sotto molti aspetti diversi.

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