lunedì 27 ottobre 2014

Cinema - Winter Sleep di Nuri Bilge Ceylan e My Sweet Pepper Land di Hiner Saleem


Winter Sleep è l'ultima palma d'oro di Cannes. Sembra ormai che per vincere a Cannes sia necessario fare un film di almeno 3 ore. Nel caso di La vie d'Adèle ho soprasseduto volentieri sulla durata biblica, perché l'intento realista impone certi tempi, ma nel caso di Winter Sleep sembra piuttosto che il regista turco odi il suo pubblico e lo voglia fare soffrire. Non ho capito se si tratti di un adattamento da un copione teatrale, certo l'impressione è quella: Winter Sleep è un susseguirsi quasi ininterrotto di dialoghi verbosi, in cui il protagonista erge le sue difese retoriche contro ogni attacco al suo stile di vita e alla sua auto-rappresentazione, riuscendo a mettere in scacco la sorella e la moglie.
In sintesi, il film è la storia di un matrimonio alla deriva, quello tra Aydin, attore di mezza età che gestisce un hotel in Cappadocia ereditato dal padre, e Nihal, la giovane moglie annoiata dalla loro vita ritirata. Si aggiunge al quadro la sorella di Aydin, Necla, un personaggio che ha la sua parabola di disillusione nel giro di un'ora e mezza e poi, fortunatamente, sparisce nel nulla.
Questo film non è una facile visione. E' difficile provare simpatia per i personaggi: Aydin è borioso e arrogante, mentre Nihal è lagnosa e irritante. L'unico protagonista amabile è la Cappadocia, con i suoi paesaggi maestosamente spogli che si coprono di neve.

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My Sweet Pepper Land è un film iraniano dell'anno scorso che l'Institut Français ha riporposto alla Cinémathèque ormai un mese fa (ho avuto da fare). Fin dalla prima scena, Hiner Saleem si muove con delicatezza tra il drammatico e il comico, e forse è questo l'aspetto che più mi ha spiazzato di questa pellicola. I temi affrontati sono drammatici: la recente e fragile conquista della legalità in Iran, la posizione della donna nella società tradizionale, i conflitti etnici che riguardano i curdi e il loro triste destino nel Medio Oriente... in un film western. My Sweet Pepperland è un film western molto atipico, in un primo momento si diementica la sua natura western, ma le scene a cavallo, le sparatorie e gli agguati sono lì a testimoniarlo.
La trama gira attorno alle vicende di Baran, eroe di guerra riconvertito al ruolo di sceriffo. Baran non si trova a suo agio nella sua nuova funzione, così dopo un tentativo fallito di dimissioni (molto comico) accetta di trasferirsi in un piccolo villagio tagliato fuori dal mondo, vicino al confine con la Turchia, in cui la legge è ancora quella tribale. L'incontro con Govend, una giovane maestra delle elementari ribelle e determinata, interpretata con grazia dalla bella Golshifteh Farahani, è fin dall'inizio carico di tensione amorosa. Ben presto la giovane, che collabora con le indipendenstiste curde, diventa l'obiettivo del boss criminale, e il nostro eroe dovrà intervenire a colpi di pistola per difendere la donzella.
La narrativa western si sposa a fatica con l'ambientazione contemporanea iraniana, diverte ma non convince e il film è a tratti noioso. L'impressione è che la trama non decolli mai, il risultato è che si apprezzano più le intenzioni del regista che il risultato finale. Certe scene deliziosamente comiche tutto sommato fanno sì che il film rimanga un'esperienza piacevole.

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