Stardust è uno dei miei libri preferiti. Il secondo libro di Neil Gaiman su cui io abbia messo mano (il primo è stato Coraline). È stato amore alla prima lettura, ho saputo subito che non ci saremmo mai lasciati. L'ho letto, riletto, letto in orginale, riletto ancora. Forse qualcuno ricorderà il film del 2007: dimenticatelo. Divertente, soprattutto il ruolo di De Niro, ma niente a che vedere con l'originale. Il fascino di Stardust è la suggestione del non detto, dell'appena accennato, del lasciato intuire (completamente assente nel film). Gaiman insegna che bastano pochi tratti per aprire scenari in cui il lettore può esercitare la sua immaginazione.
Stardust è pervaso da "una nostalgia fatta di desiderio e diperazione". Parla di tutto quello che conta nella vita: crescere, trovare se stessi, trovare l'amore, trovare un posto nel mondo, invecchiare e morire. Lo fa parlando di vascelli volanti e candele di Babilonia, foreste stregate e unicorni, ma è infinitamente più credibile di qualsiasi romanzo italiano pseudo-esistenzialista sul mercato al momento. Alla fine, è una storia d'amore, soprattutto una storia di tutto quello che devi fare prima di trovare l'amore. La morale, almeno per me, è che per trovare l'amore ci vuole una bella botta di culo, ma bisogna andarsela a cercare. Che sia in un mondo sconosciuto o nella persona che era proprio accanto a te, ma che non vedevi.
"Inevitabilmente trattenuti dal mondo.
Arriveremo quando ci vedrai."
Arriveremo quando ci vedrai."