lunedì 18 agosto 2014

Gigs - Twiza Festival 2014

Il Twiza è un festival dedicato alla cultura amazigh (i berberi, per intenderci), arrivato alla sua decima edizione. Quest'anno il tema à stato "l'Afrique aux africains". Oltre ai concerti, sempre gratuiti, il festival prevede anche conferenze e incontri volti a valorizzare la partecipazione e lo scambio tra i diversi gruppi etnici. Tangeri è quindi il luogo ideale: città portuale, luogo di scontro, piena di contraddizioni e soprattutto, negli ultimi anni, ai problemi dovuti alla presenza di migranti. La migrazione non parte più dal Maghreb (anzi, i marocchini stanno rientrando), ma dall'Africa subsahariana, ed è appunto questo gruppo, chiamato dai tangerini "les africains" (come se loro fossero un'isola a parte dal continente) a vivere la situazione drammatica della povertà e della discriminazione. La Spagna, ben visibile dalle coste dello stretto, è così vicina che molti tentano qui la traversata. Tra cui i bambini con cui avevamo lavorato fino alla settimana prima dell'inaugurazione.


Primo giorno: inaugurazione
Il festival è iniziato all'Hotel Oumnia Puerto, dove un gruppo di bambini ha presentato la coreografia di danza africana, preparata nel centro culturale dove lavoro. Ogni giorno ho assistito alle prove del giovane insegnante di danza camerunese (che ora si è slogato la spalla e non può più fare i corsi...), solitamente un pezzo di pane, improvvisamente trasformato dalla tensione in un dittatore spietato di fronte ai bambini atterriti. Metà marocchini, metà africani, fino a che la metà africana non ha attraversato lo stretto qualche giorno prima dello spettacolo. Ci siamo arrangiati e il risultato è stato ottimo, nonostante tutte le difficoltà affrontate.

Venerdì:
Dizu Plaatjies è un musicista sudafricano e un artista incredibilmente dotato, oltre ad essere una persona squisita e piena di gioia. Mi ha incontrata un pomeriggio e per lui sono diventata "sister Camilla". Avevo già avuto modo di apprezzare la musica durante le prove aperte al pubblico del mercoledì precedente: nonostante fossero solo delle prove, l'energia sprigionata dal suo gruppo (Ibuyambo) è stata travolgente. Le voci dei sei componenti del gruppo si armonizzano in melodie piene di ritmo, che ti entrano in testa e risuonano per giorni. Gli stumenti, estremamente scenografici, sono quelli della tradizione locale: non saprei nominarli, ma c'erano percussioni di tutti i tipi, xilofoni in legno di grandi dimensioni (marimba?) e quello che ho scoperto chiamarsi kayamba, oltre che a un bellissimo arco con una cassa di risonanza in cocco che che si suona pizzicando il filo. Per il gran concerto il gruppo era in costume tradizionale e ha ballato e animato un palco enorme. Io purtroppo sono arrivata solo all'ultima canzone (il ritardo cronico non è una novità).
Dopo l'esibizione degli Ibuyambo, la musica di Idir mi è parsa soporifera. Idir è estremamente famoso nel Nord Africa e nei paesi di migrazione maghrebina, ed è considerato il padre della musica in lingua cabila (una lingua amazigh). Si è presentato sul palco con la figlia, che gli assomiglia tantissimo, e l'impressione è stata che nell'ora e poco più di concerto lui abbia fatto molto poco, ma è comprensibile: è piuttosto avanti con gli anni, le foto usate dall'organizzazione non sono molto recenti e nel frattempo i suoi capelli sono diventati bianchi. Molta meno energia, molto meno ritmo, canzoni adatte a una festa per bambini o a un dopo-festa per bambini.
Dopo i primi due concerti, è partito un djset tamarrissimo, con tanto di danza kuduro per la gioia della folla, ma non per la mia, che sono scappata prima dell'esibizione dell'ultimo cantante.

Sabato:
Già venerdì ero rimasta impressionata dalle dimensioni del palco principale sulla corniche (gli altri due palchi, che non ho mai visto, erano fuori dalla città, in quartieri difficili che accolgono gli stranieri). Sabato sono rimasta ancora più impressionata dall'incredibile folla, accorsa per Cheb Mami.
Ho saltato di nuovo la prima esibizione e sono arrivata giusto per il concerto di Ismael Lo, la star del festival, un grande musicista senegalese che però non ha incontrato il favore del pubblico, tranne le prime file, quelle riservate al personale del festival, che accoglievano anche un gruppo subsahariano. Sotto il palco l'atmosfera era di festa: più avanti, nel mare di gente, si sentivano fischi e indifferenza. Per chi l'apprezza, comunque, la musica tradizionale di Ismael Lo è un'esplosione di ritmo e una festa per l'orecchie, fatta per ballare e battere le mani in sincronia.
Con Cheb Mami la folla si è risvegliata. La musica raï non fa per me, la trovo lagnosa e molesta, soprattutto per la tastiera altissima. Cheb Mami poi è una persona sgradevole e le voci che girano su di lui lo sono ancora di più. Non sono solo voci, purtroppo: è stato condannato Francia per avere tentato di fare abortire una sua ex-fidanzata, facendola picchiare dai suoi scagnozzi. Ma questo non sconvolge tanto i marocchini. In questo paese lo stupro non è reato se chi lo perpetra acconsente a sposare la vittima. Si parla tanto di diritti delle donne, ma per diritti delle donne generalmente intendono una cosa molto diversa da quella che può intendere qualcuno come me. L'impressione è che per loro le donne abbiano il diritto a essere al sicuro tra le quattro mura della cucina, e poco altro.

Domenica:
Il vento dell'est si è alzato su Tangeri e ha soffiato con violenza tutta la giornata. I tecnici sono stati obbligati a scoprire il palco per evitare che fosse portato via dal vento. I concerti sono stati annullati, ma vista la folla furente qualcosa si doveva far uscire: così è uscito Douzi, quello che tra tutti aveva la scheda tecnica più grossa, dieci pagine di scheda tecnica, e ha canto in playback con un chitarrista che faceva finta di suonare. Tutto questo io l'ho saputo dai racconti degli altri, perché io ero a letto, stremata dalla conferenza sull'agricoltura che abbiamo tenuto la mattina. Gli argomenti erano molto interessanti (bioarchitettura, permacultura, associazioni per la difesa dell'ambiente...), il pubblico scarso. Del resto la domenica mattina, con un'altra conferenza in contemporanea, è difficile aspettarsi altro.

Il proposito del Twiza è nobile e merita attenzione, ma mi chiedo quanto esso sia stato comunicato ai grandi numeri, quanto sia stato compreso e condiviso dalla folla che ha presenziato. L'Africa agli africani è un messaggio che forse ha avuto poca risonanza tra chi non è in grado di adottare una prospettiva globale e riconoscere ciò che accomuna i paesi del continente.

Festival Twiza